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Nello sciamanesimo la guarigione spirituale della persona era ed é il presupposto della guarigione psicofisica; a quest’idea siamo tornati oggi con il concetto di medicina olistica, non a caso particolarmente osteggiata da ogni tipo di struttura religiosa. Il presupposto sul quale si basa la Caccia all’anima, intesa in questo contesto dal punto di vista “terapeutico” (vedremo più avanti altri aspetti più legati alla ricerca interiore e ad un lavoro sacrale) é quella che viene definita “perdita dell’anima”: esperienze traumatiche di vario tipo, oppure interferenze nel proprio processo di crescita spirituale, provocano squilibri e scompensi sul piano psicofisico (e fin qui ci troviamo sullo stesso piano delle terapie psicologiche moderne). La differenza fondamentale é che per lo sciamanesimo tale squilibrio coinvolge anche e soprattutto la sfera spirituale, la parte più profonda dell’individuo; generalmente le terapie delle quali disponiamo si rivolgono al corpo ed alla mente, ma il concetto di “medico dell’anima” é ormai da troppo tempo stato lasciato in mano alle strutture clericali e religiose, che spesso hanno utilizzato questo ruolo per rafforzare il loro potere: non si é mai vista una religione, intesa come struttura secolarizzata e di potere, proporre realmente la felicità e l’equilibrio “qui ed ora”. L’individuo, al contrario, viene regolarmente sepolto da una montagna di morali, esaltazione della sofferenza e del senso della propria inadeguatezza, che lo rendono molto più facilmente manipolabile da chi sulla sua sofferenza gioca e lucra.   La cultura che oggi viene definita sciamanica era diffusa nell’antichità in pratica su tutto il pianeta, dal continente americano a quello africano, dalle lande siberiane al Giappone, al mondo celtico etc., e coincide nella quasi totalità dei casi con le civiltà matriarcali, la prima forma di organizzazione sociale e religiosa che si é diffusa sulla Terra. Negli ultimi tempi si é verificata una riscoperta dei valori proposti dallo sciamanesimo,  probabilmente anche come reazione ad uno sviluppo socioculturale come quello occidentale, troppo squilibrato e rivolto soprattutto alle facoltà razionali ed intellettuali. Le tecniche utilizzate dallo sciamanesimo sfruttano fondamentalmente l’emisfero destro del cervello; si basano su un’acquisizione sintetica, fondata su immagini più che su concetti razionali. Per questo motivo, per esempio, quando si sente parlare di Caccia all’anima, alla nostra mentalità razionale occidentale, basata fondamentalmente sull’impiego dell’emisfero sinistro, viene istintivo trovare analogie con le più moderne terapie psicologiche e psicoanalitiche, dallo psicodramma all’immaginazione guidata e così via. In realtà, nonostante le similitudini, si tratta di un metodo molto diverso per arrivare ad un risultato simile ma non identico. Tornando al nostro soggetto che ha appena vissuto un trauma, gli sciamani ci descrivono come conseguenza la perdita di un “pezzetto d’anima” (del resto, a tutti sarà capitato almeno una volta di sentire un senso di vuoto dopo aver vissuto una violenza o la perdita di una persona cara; la pienezza sensoriale ed emotiva vissuta nell’adolescenza viene progressivamente perduta in seguito ai traumi, e si diventa sempre più aridi: gli ideali, i motivi profondi per vivere, vengono lentamente perduti fino a ritrovarsi perfettamente integrati nelle strutture sociali e nella corsa al successo, ai soldi, al benessere materiale.) La Caccia all’anima é un “viaggio” rituale nel quale si viene dapprima guidati ad incontrare il proprio animale di potere, archetipo delle forze naturali, che ci accompagnerà nella nostra ricerca, novello Virgilio, per aiutarci ad imparare a muoverci nella dimensione parallela nella quale ci troviamo; dopo di che, andiamo a cercare la parte d’anima che si era allontanata in seguito al trauma, e la invitiamo con dolcezza a “tornare a casa”; per farlo dobbiamo però rassicurarla, ossia prometterle che non rivivrà più l’esperienza traumatica che ne ha causato la dipartita. E’ una tecnica semplice, non appena viene appresa, ed é una sensazione indimenticabile la prima volta che si sente una di tali parti d’anima “rientrare”: si percepisce realmente una forma di reintegrazione, di recupero, e se ne esce arricchiti interiormente. Parti del nostro bambino magico, dell’adolescente interiore rientrano a far parte di noi. Gli antropologi ci insegnano che come razza umana cresciamo fino ad un’età compresa tra i sedici e i diciassette anni, dopo di che iniziamo ad invecchiare, ossia il processo di maturazione si inceppa, si cristallizza; gli sciamani ci sosterrebbero che ciò avviene a causa di perdita di troppi pezzi della nostra anima, che fanno sì che non siamo più individui completi, ma solo frammenti della nostra interezza originaria. Il lavoro dello sciamanesimo ci offre la possibilità di riprendere questo processo di crescita interrotto, indipendentemente dalla nostra età fisica, e di vivere ogni istante della nostra esistenza nella sua pienezza. Non si tratta solo di autosuggestione, poiché quando si vive questo tipo di esperienza immediatamente “succede qualcosa “: problemi sessuali, relazionali, affettivi si dissolvono in un’interezza che cresce ogni volta che nuovi pezzi di anima vengono “riportati a casa”. La tecnica della Caccia all’anima non può venir compresa e spiegata a fondo partendo solo da un punto di vista razionale, da “emisfero sinistro”: é un’esperienza da vivere in prima persona, e da valutare a livelli più profondi del nostro essere. Spesso si entra in contatto con parti del bimbo o adolescente interiore in un’espansione della propria sfera esperienziale. Il concetto di realtà parallele é oggi appannaggio quasi esclusivo degli scrittori di fantascienza o degli studiosi della fisica e della matematica, per i quali ipotizzare un universo multidimensionale é il solo modo per comprendere una realtà altrimenti incomprensibile. Tale concetto era invece perfettamente normale nella dimensione dello sciamano, per il quale la realtà nella quale viviamo nella condizione di veglia non é che una piccola parte di ciò che realmente esiste. Del resto, già negli anni ’60 molti ricercatori statunitensi erano arrivati ad affermare, grazie ad esperienze sugli stati alterati di coscienza, che il nostro cervello non é altro che una “valvola riduttrice” che filtra la massa sterminata di informazioni che sensi fisici e percezioni paranormali ci inviano. Celebre l’esperienza di quella popolazione isolana che letteralmente non era in grado di vedere le navi dei conquistadores spagnoli, poiché non possedevano la categoria mentale capace di identificarle. La discriminante tra esperienze reali e giochi dell’autosuggestione, a questo punto può diventare molto sottile, ma non per questo meno valida: le prime funzionano realmente. Tecniche come la Caccia all’anima vanno per prima cosa vissute e sperimentate in prima persona, e solo in un secondo momento valutate, dai risultati che consentono – o meno – di acquisire. Parlavamo anche di un aspetto rituale: oltre alla dimensione terapeutica, che spesso attrae in maniera invitante noi occidentali così vittime di stress e malattie psicosomatiche, la Caccia all’anima é nata soprattutto come esperienza rituale, vero e proprio viaggio iniziatico di ricerca. Fiabe, leggende, miti di tutto il mondo ci descrivono l’”eroe” che si avventura in una “selva oscura” alla ricerca del Graal, di un talismano, di una principessa o di altri simboli della Verità e della Tradizione. La Caccia all’anima costituisce un’opportunità di vivere in prima persona un tale viaggio, senza bisogno di vagabondaggi verso luoghi esotici, ma nella propria interiorità. Spesso la voglia di viaggiare, di recarsi in posti lontani, risponde ad un’imprecisata esigenza di ricerca di “qualcosa” che vada al di là di un’esistenza quotidiana spesso banale e banalizzata; gli sciamani ci insegnano che il vero “viaggio”, la vera avventura non é mai esterna ma interiore, alla ricerca di un’interezza perduta e spesso ricordata con nostalgia.

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Mariarosa Greco

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